Salverà il mondo, la bellezza? Beh, già sta facendo parecchio per salvare l’Italia: attiva infatti il 17,2% del Pil (dati 2019) come mostra il padiglione nella Biennale di Venezia dal titolo “Sapere come usare il sapere”, frutto di uno studio di Banca Ifis i cui risultati sono presentati tramite un’installazione di Emilio Casalini: una mappa dell’ecosistema italiano della bellezza suddiviso in tre settori: il patrimonio storico-artistico e paesaggistico, i servizi a esso relativi, la produzione industriale legata al design. Conferma l’importanza di queste attività il rapporto “Io sono Cultura 2019”, in cui Carlo Sangalli, presidente di Unioncamere ed Ermete Realacci, presidente di Fondazione Symbola, scrivono: «Il Sistema Produttivo Culturale e Creativo dà lavoro a più di 1,55 milioni di persone, il 6,1% del totale degli occupati» in crescita rispetto agli anni precedenti. Il rapporto ricorda anche come l’importanza della bellezza sia sancita dall’articolo 9 della Costituzione (la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura…Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico): il che è un dato singolare e originale nel panorama delle leggi fondamentali moderne. Ma allora non v’è contrasto, tra la libera gratuità della bellezza e la ricerca del profitto di cui si nutre l’economia? «Il punto di contatto – spiega l’esteta Sergio Givone – sta nella seduzione che esercita la bellezza. Quel che è attraente è anche economico, perché si offre e, per così dire, induce in tentazione. Oggi purtroppo siamo lontani dall’unità tra il buono, il vero e il Nello dell’antichità, visto che il consumismo sposa l’effimero e confonde la bellezza con la performatività: già Dostoevskij conosceva il problema, tanto da sostenere che la bellezza sia il campo dove Satana e Dio si contendono il cuore degli uomini».