Scrivo da Trento. Sede del Festival dello Sport organizzato dalla Gazzetta dello Sport con Trentino Marketing. Dappertutto c’è scritto che si tratta della prima edizione, e si capisce bene il perché: si tratta di un successo che puo’ stupire solo chi non conosce lo sport, e chi non ha mai frequentato un festival in un Paese oltre tutto così ricco di città perfette per eventi diffusi come questi. Mantova, Modena, Carpi, Sassuolo, Sarzana, Camogli, Perugia, Pordenone e, ovviamente, Trento, per citare solo i casi piu’ illustri, sono dei gioielli: raccolti, pieni di sorprese, con una identità forte e mai arrogante che diventa il valore aggiunto di un evento. Qui, la Gazzetta ha ribaltato la piramide: il giornale, che e’ un festival quotidiano, e’ dedicato per il 75% al calcio, qui il calcio che pure e’ proagonista e’al 25% e gli altri sport si prendono la scena non per rivincita, al contrario ben felici di verificare che la loro credibilita’ e’ data dall”accessibilita’- Ed e’questo il messaggio del Festival dello Sport: smetterla con la litania dei lamenti contro il calcio che prende tutti gli spazi, e tornate sulla strada, che oltre tutto e’ la prima e migliore palestra d’Italia, andate incontro alla gente.

Lo sport si tratta troppo spesso da Museo delle volte, quando dovrebbe essere appunto Festival, ma e’ ovvio che non esiste una regola precisa e anzi ci sono casi che dimostrano come esistano Musei capaci di valorizzare il territorio e, addirittura, di essere fotografia di nuove scale di valori riconosciute dal pubblico.

Trento non ha un museo dello sport, non ne ha bisogno, perche’ il suo matrimonio con lo sport è un festival quotidiano. Esiste invece una zona del Piemonte in cui di musei sportivi ce ne sono addirittura tre, vicini l’uno all’altro, tanto vicini che ci sono anche dei percorsi che li collegano come un’esperienza da fare anche, e soprattutto verrebbe da dire, in bicicletta. Parliamo di Acdb, ovvero del Museo Alessandria Citta’ delle Biciclette che racconta l’arrivo in Italia della prima bicicletta nel 1867, per merito di un birraio alessandrino, Carlo Michel. AcdB è gemellata con il Museo del Ciclismo del Ghisdallo, ed e’ vicina di casa, dunque in rete, con altre due strutture. A Novi Ligure c’e’ il Museo dei Campionissimi, detto al plurale proprio per testimoniare la storia singolare di un centro dove sono nati due campionissimi come Costante Girardengo e Fausto Coppi (altro caso italiano, Jesi: capitale della scherma da anni, mettendo in fila i successi dei tanti allievi del maestro Triccoli: Stefano Cerioni, Giovanna Trillini, Valentina Vezzali, Elisa Di Francisca). Il Museo dei Campionissimi ha una “pista” centrale che mette in vetrina 40 biciclette che raccontano l’evoluzione del mezzo, mentre filmati raccontano le imprese di chi quelle biciclette le ha trasformate in pezzi di storia del Paese e del Mondo. Infine, a Castellania c’e’ Casa Coppi. Candido Cannavo’ scrisse: “Casa Coppi e’ un atto di amore e di cultura. Qui la polvere del tempo diventa borotalco, non copre i ricordi ma custodisce i luoghi della memoria, per i nostalgici che vogliono ricordare ed i giovani che vogliono sapere”.

Nostalgici e giovani insieme fanno la soceta’. Nel 1988 a Malpensa, in partenza per le sue prime paralimpiadi, davanti al banco Alitalia, quasi nascosto da borse mediche, carrozzine, stampelle, perche’ la spedizione azzurra stava partendo per Seul, Francesca Porcellato, all’esordio, si senti chiedere da una persona curiosa su quel gruppo e i suoi bagagli, se in Corea ci fosse un santuario. Oggi, e diciamo con maggior precisione, dal 2006 con primi accenni, poi dal 2010 in modo continuo e irresistibile, gli atleti paralimpici hanno guadagnato attenzioni nuove. La gente li vede e invece di chiedere se sono in partenza per un santuario gli chiede l’autografo. E’ l’effetto di una generazione di disabili solari, di esempi straordinari, a cui Francesca Porcellato ha tirato la volata. Oggi gli atleti paralimpici sono le superstar del momento, da Alex Zanardi, a Bebe Vio, a Martina Caironi, per arrivare anche a Giusy Versace, Assunta Legnante o l’irresistibile Oney Tapia. Non contano le medaglie vinte, conta quanto hanno fatto crescere la societa’ dal 1988: prima li si guardava con un pietismo sciocco, adesso li si considera degli esempi. Hanno fatto piu’ fuori campo cambiando l’opinione pubblica, facendola crescere, che in campo. E adesso arriva il piu’ bella dei riconoscimenti. Il Musme, il Mseo della medicina di Padova, ha appena aperto una sezione per ospitare la handbike di Zanardi, le protesi di Bebe e Vio. Sport, tecnologia e disabili si chiama la sezione, desiderio realizzato del presidente della Fondazione Musme di mettere in mostra “los port come veicolo e medicina per il superamento di ogni barriera”.

Luca Corsolini – Symbola