Questo contributo fa parte dell’Undicesimo rapporto IO SONO CULTURA realizzato da Fondazione Symbola, Unioncamere e Regione Marche in collaborazione con l’Istituto per il Credito Sportivo.
Realizzato in collaborazione con Barbera Minghetti – Direttrice artistica Macerata Opera Festival.
In seguito all’emergenza sanitaria i teatri lirici sono rimasti chiusi per quasi un anno, interrompendo produzioni e tournee. A fine aprile 2021 questi luoghi della cultura sono tornati ad accogliere il pubblico in sala, seppur con le dovute restrizioni necessarie a limitare il contagio. Nei mesi di chiusura i teatri lirici non si sono fermati, accogliendo la sfida di ideare e realizzare modalità nuove per fare spettacolo, per restare vicino ai propri pubblici anche a distanza. Numerose le realtà trasformatesi in vere e proprie sale di produzione, innovando i propri format attraverso la realizzazione di originali film-opera, ripensando i propri spazi (orchestra in platea e azione scenica anche fuori dagli spazi teatrali) o anche solo riprendendo spettacoli messi in scena sul palco e condivisi su piattaforme digitali e televisive. Non sono mancati progetti di frontiera che hanno portato il teatro nelle case delle persone grazie a visori immersivi e video partecipativi. Ora che stiamo ripartendo, che genere di teatro proporremo?
I teatri sono rimasti chiusi da febbraio 2020 fino alla fine di aprile di quest’anno, eccetto una piccola parentesi estiva e autunnale. Ripercorriamo quanto accaduto per comprendere le difficoltà vissute dagli operatori e il senso di attesa che la pandemia ha comportato, per avvicinarsi alle soluzioni messe in gioco. Nel pieno della programmazione e tournée, improvvisamente il mondo si è fermato. O meglio: siamo piombati in una delle peggiori e catastrofiche serie tv degli anni ‘70. Il 23 febbraio le luci si sono spente. Si pensava per pochi giorni, si sperava per poche ore, invece, come tutti sappiamo, la situazione emergenziale si è prolungata per molto più tempo. Da quel giorno in poi, il mondo dell’opera lirica è stato caratterizzato da un continuo programmare e riprogrammare, cercando ad ogni costo di salvare spettacoli, lavoro e occasioni per stare vicini al pubblico.
Nell’estate scorsa alcuni festival coraggiosi hanno realizzato produzioni in forma scenica, riducendo il numero di spettacoli in cartellone, ma la maggior parte degli eventi ha realizzato opere in forma di concerto, senza scenografia e costumi, evitando l’interazione scenica dei cantanti. Troppo rischioso per gli artisti e troppo complesso produrre seguendo le restrizioni necessarie per non rischiare il contagio.
In autunno si è ripartiti con l’apertura delle stagioni con produzioni più piccole in presenza del pubblico, ma dai primi di novembre i teatri sono stati nuovamente chiusi fino ad oggi.
Si sono spente le luci ma non la creatività dei teatri. Al contrario, molte sono state le novità proposte, a partire da una ridefinizione degli spazi che ha messo in discussione il rapporto palco/platea, la famosa “quinta parete”.
Il teatro ha rotto così le barriere sperimentando nuovi utilizzi degli spazi – dentro e fuori i teatri – e proponendo nuove visuali: orchestra in platea per i concerti, azione scenica in platea con coro nei palchi o, addirittura, scene girate in motorino.
E tanto, tanto streaming: dalla semplice ripresa di produzioni ideate precedentemente alla diffusione della pandemia, allo sviluppo di produzioni ad hoc per la fruizione digitale, dando via a veri e propri film d’opera.
In autunno sono partiti i grandi teatri come il Teatro dell’Opera di Roma, che ha inaugurato la sua stagione con un Barbiere di Siviglia ripreso in giro per la città, con direttore alla guida di un motorino e l’azione girata inserita in un’opera che è una rivisitazione dello spazio teatrale. Numerose sono le scene riprese in luoghi altri dal teatro, mentre la narrazione scenica è arricchita da elementi di racconto dei mestieri che animano il mondo della lirica. Lo spettacolo a firma di Mario Martone è stato trasmesso su Raitre con buoni risultati (650 mila spettatori per il primo atto saliti a 680 mila per il secondo) ed apprezzata è stata la capacità del regista di superare in modo creativo i limiti imposti alla pandemia, arrivando a produrre uno spettacolo del tutto originale, una sorta di film-opera sull’opera. Un vero e proprio atto d’amore dell’artigianalità e peculiarità del genere “Opera”. Oltre al Barbiere, il successo di Martone ha avuto seguito, grazie alla sua capacità innovativa. Sempre per l’Opera di Roma e con il maestro Daniele Gatti, Mario Martone ha messo in scena La Traviata, quarta neorappresentazione della stagione. Lo spettacolo, registrato senza pubblico e trasmesso su Rai 3, rimarca il precedente format, confermando la capacità di Martone di unire il cinema con il teatro, coinvolgendo il pubblico in uno sfarzoso ed essenziale tableaux vivants. Anche in questo caso il numero di spettatori è stato elevato, sfiorando di poco il milione e mezzo. Nel proseguire della stagione, l’Opera di Roma ha creato un suo canale ufficiale YouTube (operaroma.tv) dove si sono alternati balletti, concerti e opere realizzate interamente in luoghi inusuali, dal MAXXI alla Nuvola dell’Eur di Roma. Se la fruizione degli spettacoli offerti in digitale in questi mesi è stata gratuita, in parallelo il teatro ha lanciato la campagna di fundraising I love Roma Opera aperta, per dare la possibilità a chiunque di sostenere il teatro in questo difficile momento con una sorta di biglietto virtuale. A dimostrazione di come dalla collaborazione di istituzioni culturali aperte all’innovazione si possa creare un circolo virtuoso per far vivere i luoghi dell’arte e offrire occasioni uniche e fuori dall’ordinario agli spettatori a casa, di recente è andato in onda sul servizio pubblico lo spettacolare speciale televisivo Il suono della bellezza, curato dal Teatro dell’Opera di Roma e dalla Galleria Borghese, in collaborazione con Rai Cultura.
Il Teatro alla Scala di Milano ha inaugurato la stagione, come da tradizione, il 7 dicembre, giorno di Sant’Ambrogio, con uno spettacolo trasmesso in differita Rai (seguitissimo, con oltre 2,6 milioni di spettatori). Pur trattandosi di una particolare messa in scena, poiché priva di pubblico in platea, A riveder le Stelle (l’omaggio a Dante è esplicito) è il risultato di un’opera totalizzante, orchestrata con un taglio prettamente televisivo. Si tratta di una sorta di chiamata alle arti, in grado di coniugare il genere dell’opera con la recitazione, attraverso i ricchi intermezzi prosastici per scopi didattici, e con la danza, mediante le ipnotiche performance di Roberto Bolle. Nei mesi successivi l’inaugurazione, il teatro ha proseguito con tante proposte su canali web e tv. Il Teatro San Carlo di Napoli ha realizzato lo scorso dicembre la sua prima diretta Facebook, seguita da 34.000 persone provenienti da 80 Paesi nel mondo, incollate a vedere Cavalleria Rusticana. Per far fronte alle necessità di questo difficile anno, il Teatro San Carlo ha optato per trasmettere i propri spettacoli attraverso eventi online a pagamento su Facebook. La collaborazione con la piattaforma di Zuckerberg ha fornito al team del San Carlo l’esperienza tecnica e comunicativa necessaria per rendere l’evento un successo di tale portata, al punto che l’esperienza è diventata un modello, che ha portato Facebook e l’Associazione generale italiana dello spettacolo (Agis) ad avviare un’importante collaborazione per la formazione digitale e tecnica degli operatori del settore, necessaria ad organizzare e gestire un evento online su Facebook con lo strumento Paid Online Events e a lanciare campagne di fundraising efficaci per la raccolta fondi a favore delle realtà culturali in difficoltà. Anche il Teatro Massimo di Palermo ha inaugurato la sua web tv accessibile dal proprio sito, proponendo diversi contenuti gratuiti, tra cui un film per ragazzi dedicato a Mozart, dando la possibilità di fare una donazione libera a chiunque volesse sostenere le sue attività.
A proposito di piattaforme, interessante l’iniziativa Aperti, nonostante tutto lanciata dall’ANFOLS, l’associazione che riunisce le 12 Fondazioni Lirico-Sinfoniche italiane, lanciata in seguito alla chiusura dei teatri, che vede riunite sul sito dell’associazione tutte le produzioni realizzate in quei mesi, senza pubblico in sala. L’idea è quella di creare un canale d’opera che possa continuare ad esistere anche dopo questa fase di pandemia.
Di pari importanza, il lavoro dei teatri di tradizione, riuniti in diverse piattaforme nell’intento di unire le forze a livello regionale.
A partire da Opera Lombardia, che ha trasmesso Werther e Zaide in un interessante versione con libretto di Italo Calvino e la regia di Graham Vick. Questa operazione, pensata proprio per la situazione pandemica (quindi piccolo organico, assenza del coro, pochi personaggi) ha dimostrato la sua forza innovativa nell’unione della parola con la musica . Oppure, alla piattaforma digitale Opera streaming, che ha proposto un cartellone stagionale di spettacoli realizzati nei principali teatri dell’Emilia Romagna. Tra i teatri emiliani coinvolti, particolarmente interessante il progetto del Teatro Comunale Luciano Pavarotti di Modena che, con lo spettacolo Dolceamaro, ha valorizzato le competenze di due corsi di alta formazione tenuti dal Teatro Comunale di Modena (con il sostegno del Fondo sociale europeo e della Regione Emilia-Romagna), portando in scena gli allievi del corso di canto mentre lo streaming è stato realizzato dagli studenti del corso di comunicazione in video, nato dalla collaborazione con Edunova/Università di Modena e Reggio Emilia. Interessante anche l’operazione della Rete Marchigiana, che anziché proporre una semplice ripresa video di un’opera, ha realizzato un video poema musicale intitolato Tempo ritrovato, dedicato alla mancanza del teatro musicale.
Numerose le iniziative divulgative susseguitesi durante l’anno appena trascorso: da webinar tematici ad approfondimenti in stile “camera caffè”, come quelli proposti dal Teatro Sociale di Como AsLiCo, con Teatro Sociale Channel, portale creato in collaborazione con il Comune di Como e la Società del Palchettisti e in co-produzione con la factory multimediale comasca Olo Creative Farm. Si tratta di un palinsesto di trasmissioni, a fruizione gratuita, in cui l’attore Davide Marranchelli ha condotto gli spettatori ‘di stanza in stanza’ in appuntamenti di approfondimento riguardanti la storia della musica, della danza, dell’opera, ma anche della sartoria e della costumistica teatrale. Lo stesso teatro ha saputo, inoltre, sfruttare le possibilità offerte dal digitale on-demand per arricchire l’esperienza della fruizione degli spettacoli per le fasce di pubblico più giovani. Grazie anche alla collaborazione con Opera education, piattaforma italiana che ha come finalità l’avvicinamento all’opera lirica del pubblico più giovane, è stata realizzata una versione multimediale del Rigoletto, accompagnata da un fascicolo dell’opera con attività didattiche di approfondimento ideate per bambini di diverse età e numerosi video tutorial che offrono l’occasione per coinvolgere i più piccoli in attività creative e interattive, raccontando la storia dei personaggi dell’opera e offrendo diversi spunti di gioco, un po’ nello stile del famoso programma televisivo Art Attack.
A proposito di occasioni di approfondimento per avvicinare al mondo della lirica e a tutto quello che ci gira attorno, c’è chi ai webinar e allo streaming ha preferito il format del magazine online, come il caso della Società del Quartetto di Milano. L’ente, fondato a metà Ottocento con l’obiettivo di diffondere e promuovere la conoscenza e la passione per la musica, privato di palchi e saturo della modalità streaming, da gennaio 2021 ha creato un nuovo format didattico-comunicativo, il Giornale del Quartetto. Si tratta di una rivista mensile e accessibile gratuitamente online, volta a raccogliere aneddoti, riflessioni, interviste e focus storici a tema a lirica.
Anche allargando lo sguardo all’Europa, non mancano iniziative interessanti, che spaziano dalla creazione di canali web per la veicolazione delle produzioni più usuali (attività che in America e in Inghilterra sono già presenti, accessibili gratuitamente o a pagamento tramite abbonamenti annuali), allo sviluppo di progetti innovativi e partecipativi. Molto interessante, per esempio, Home sweet home dell’Opera di Rotterdam, con una produzione che unisce l’opera dal vivo con il cinema, ma anche il progetto on demand Il teatro a casa tua del Teatro Ausgburg di Augusta (Germania), grazie a visori immersivi. Ma non solo digitale: al Festival di Glyndebourne, festival di opere liriche che si svolge nel East Sussex dell’Inghilterra da oltre ottanta anni, non si è puntato solo sulle nuove tecnologie. Per favorire la convivialità e offrire al pubblico occasioni di incontro e socialità, negli intervalli di 90 minuti degli spettacoli in scena, le persone sono invitate ad organizzare picnic sul prato. A conferma che il teatro non è solo visione e ascolto ma soprattutto condivisione. Insomma, in questi mesi si è pensato di tutto per continuare a produrre, anche cercando di offrire occasioni ai lavoratori stagionali dello spettacolo (tra i più penalizzati dall’inizio della pandemia), oltre che per esprimere la creatività artistica e dimostrare vicinanza al proprio pubblico.
Ora siamo alla ripartenza. Questo anno è servito per capire che il teatro dell’opera era millenni indietro rispetto alle nuove tecnologie, alla digitalizzazione e ai nuovi linguaggi televisivi. Per coprire questo gap i teatri si attrezzeranno, ci si aspetta anche con qualche aiuto economico, con nuovi macchinari e diverse metodologie supportare da esperti specializzati. Non si può tornare indietro (e non solo per lo spettacolo). Pubblicare un video di un’opera ed essere visto da migliaia di persone in tutto il mondo non ha eguali. È un elemento di accessibilità importante, anche considerato che numerosi spettacoli trasmessi in streaming sono stati offerti in modalità gratuita o previo pagamento di biglietti dal prezzo davvero esiguo. Non si tratta dunque di una questione economica, ma di diffusione, di rottura delle barriere e apertura alle diversità. È sufficiente pensare alla recente riapertura del Teatro La Scala di Milano dell’11 maggio, andata in scena dopo 199 giorni di chiusura, con uno spettacolo in forma di concerto. Oltre ai suoi 500 spettatori presenti fisicamente in sala (disposti nei palchi e nelle gallerie, mentre i musicisti continuano a suonare dalla platea e il coro è disposto a scacchiera sul palcoscenico), il Teatro non ha voluto rinunciare alla diretta streaming trasmessa su RayPlay, rinnovando una collaborazione con la Rai che ha caratterizzato l’ultimo anno trascorso e che ha portato l’opera nelle case di moltissimi italiani.
La pandemia ha accelerato un processo già in atto: l’inevitabile dialogo tra lo spettacolo dal vivo e il digitale, per arrivare da una parte a chi non ha possibilità economiche, dall’altra a tutto il mondo, incluse le nuove generazioni, cui è opportuno rivolgersi con una comunicazione che tiene conto delle loro preferenze e dei nuovi linguaggi.
L’opera non può esaurire l’investimento in poche repliche e poi chiudere baracca e burattini: lo spettacolo deve continuare a vivere oltre il live, per essere sostenibile economicamente.
Oggi per fortuna i teatri hanno riaperto e vogliono affermare di nuovo il loro ruolo di casa laica della città, di luogo della condivisione e di empatia. Si ripartirà dalle piccole produzioni, dalle relazioni con pubblici con cui istaurare legami di vicinanza: non solo famiglie e bambini ma anche persone del vicinato e dei diversi quartieri delle città, fino alle persone fragili che potranno avere sollievo o dignità grazie alla fruizione culturale. Per poi tornare nel tempo ad essere attrattori anche di un pubblico più ampio e straniero. Non si può dunque tornare indietro, ma occorre continuare a lavorare sui due fronti: digitale e “dal vivo” (o “dal vero” come dicono oggi i bambini) e per farlo, bisogna che i teatri siano coraggiosi. Lavorando su progetti digitali rilevanti e adatti ai linguaggi delle piattaforme web con progetti innovativi (una bella opera seriale noir in tv, per fare solo un esempio) nell’intento di sfruttare tutte le potenzialità della rete, avvicinando persone da tutto il mondo e le nuove generazioni prediligendo format e linguaggi a loro più adatti. In parallelo, è opportuno programmare stagioni “meno stagioni”, ossia con una programmazione che consideri il teatro musicale come un’opportunità per un nuovo rinascimento umanistico, dove la cultura abbia nuovi significati e connessioni: dal turismo al sociale, alla formazione.
Ne è un esempio l’Arena di Verona con il suo recente calendario estivo: gli spettacoli dal vivo proposti (con ingressi contingentati e dimezzati) sono accompagnati da un allestimento in ledwell, una sorta di immenso televisore di 400 metri quadrati capace di produrre attorno all’anfiteatro immagini delle opere più famose dei principali musei italiani. Sarà così possibile creare un’ambientazione immersiva, reinventando le possibilità scenografiche al posto delle tradizionali architetture. Innovazione estremamente interessante, ancor più perché nata da un limite: non poter disporre a pieno regime, anche per ragioni di distanziamento, dell’esercito di tecnici e macchinisti che solitamente si muove invisibile nel retropalco. Ad aprire le danze il 19 giugno è stata l’Aida, concertata dall’orchestra in buca e da pergamene e geroglifici del Museo Egizio, collaborazione che ne rafforza le potenzialità evocative e comunicative.
Risultano perciò necessarie anche queste tipologie di cooperazione, per progetti sperimentali che strizzino gli occhi alle nuove generazioni, nella multidisciplinarità e nella compenetrazione della comunità dei valori imprescindibili.