Il 2017 resterà negli annali, per lo spettacolo dal vivo italiano del nostro Paese, come l’anno della “nuova legge”, comunemente identificata come “Codice dello spettacolo”[2]: una legge attesa da molto tempo, preceduta da decreti ministeriali che hanno già ridefinito (almeno in parte) la geografia del settore[3]. Le attività, prescindendo da questo, ovviamente procedono. Si registra complessivamente un aumento degli spettatori e in diversi casi la capacità progettuale del settore si attesta su alti livelli.
La nuova legge, che delega il Governo ad emanare uno o più decreti legislativi relativi al riordino delle Fondazioni lirico sinfoniche e degli altri settori previsti, se da una parte enuncia dei principi, dall’altra introduce delle innovazioni rispetto all’assetto attuale. Tra i principi e i criteri direttivi per l’esercizio della delega sono previsti la razionalizzazione degli interventi di sostegno dello Stato, cui viene attribuita la gestione del Fondo unico per lo spettacolo (FUS) e la determinazione[4] dei criteri per l’erogazione, la liquidazione e l’anticipazione dei contributi assegnati dal Fondo. Altri punti salienti riguardano l’armonizzazione degli interventi statali con quelli degli enti pubblici territoriali, la promozione dell’integrazione e dell’inclusione, il sostegno ai giovani talenti e alla produzione di qualità, l’attuazione di azioni finalizzate al riequilibrio territoriale tra Nord e Sud, l’internazionalizzazione, la limitazione degli oneri burocratici e la formazione di nuovi spettatori, attraverso la promozione tra le giovani generazioni della cultura e delle pratiche dello spettacolo. Tra le innovazioni introdotte, vi sono l’estensione dell’Art Bonus[5] – finora riservato ai Teatri di tradizione e alle Fondazioni lirico sinfoniche – a tutte le categorie dello spettacolo dal vivo. E ancora, l’istituzione del Consiglio superiore dello spettacolo quale organo consultivo, il consolidamento del tax credit per il settore della musica, l’individuazione, d’intesa con la Conferenza unificata, di strumenti di accesso al credito agevolato. Non meno rilevanti sono l’introduzione di due nuovi settori, i carnevali storici e delle rievocazioni storiche e l’estensione del sostegno alle “attività musicali popolari contemporanee” (definizione che forse non sarà facile declinare) e alla valorizzazione delle musiche della tradizione popolare italiana.
Non v’è dubbio che il provvedimento presenta molti elementi positivi. Meriteranno ampia attenzione i decreti attuativi – che conterranno linee guida di ordine strutturale e operativo – previsti ad un anno dalla emanazione della legge.
La nuova legge indica anche tra le deleghe al Governo (Art.2) il riordino e introduzione di norme che disciplinino in modo sistematico e unitario il rapporto di lavoro nel settore dello spettacolo, tenuto conto anche del carattere intermittente delle prestazioni lavorative. Gli aspetti legati alle condizioni lavorative del settore sono spesso sottovalutati. Nel 2017 sono stati affrontati in più occasioni, grazie anche a ricerche ad hoc e momenti pubblici di riflessione che hanno consentito di andare oltre la giaculatoria “con la cultura non si mangia”, introdotta da un passato ministro. Certo il quadro complessivo non è entusiasmante: cresce del 14,2% il numero delle figure artistiche che nel 2015 hanno lavorato nel mondo dello spettacolo versando almeno un contributo all’INPS (in tutto 136.571) – l’aumento è in gran parte imputabile al gruppo degli attori (+40,3%) – ma solo il 45% della forza lavoro è femminile, il 90% dei contratti è a tempo determinato, il 71% ha meno di 45 anni e si concentra al Nord e nell’Italia Centrale, il reddito medio annuale è pari a 5.430 Euro[6]. Ad una lettura analitica dei dati, emergono altresì disarmanti differenze tra le diverse categorie, ad esempio, il reddito medio annuale degli attori è di circa 2.600 Euro mentre quello dei registi, è pari a 26.800 Euro. Quasi la metà degli artisti (circa il 40%)[7] svolge anche altre attività (la tendenza è confermata a livello europeo da una recente ricerca di Eurostat comprendente tutto il settore culturale[8]). La “linea d’ombra” di conradiana memoria che separa chi è determinato a proseguire a lavorare in teatro e coloro che cambiano rotta, è rappresentata dai fatidici quarant’anni.
E se il momento attuale è caratterizzato da una fase d’attesa principalmente legata alle sorti politiche del Paese, l’andamento della domanda è tendenzialmente costante, non senza qualche sorpresa. Confrontando i dati relativi al 2016 e al 2015, emerge un aumento degli spettatori del Teatro di prosa del 3,78% e del musical del 38,26%, una contenuta flessione della lirica dell’1,61% e una situazione sostanzialmente stabile del balletto e della danza[9]. Aumenta la spesa al botteghino per tutti i settori (in maniera anche sensibile per alcuni di essi), mentre per tutti cala l’offerta[10]. Si può dunque parlare, per certi versi, di una maggiore razionalizzazione del rapporto tra domanda e offerta. Ma questi elementi in realtà sono poco utili, se non sono rapportati alla tipologia dell’offerta, alle scelte della programmazione, agli elementi di scelta dei pubblici. I blockbuster degli ultimi anni sono rappresentati, per la lirica, dai titoli del grande repertorio proposti dalle principali Fondazioni lirico sinfoniche; per il resto, da musical di repertorio e da spettacoli/recital, incentrati in buona parte su personaggi di emanazione televisiva. Complessivamente l’offerta è estremamente variegata, convivono ibridazioni di linguaggi, una rinnovata attenzione per la drammaturgia contemporanea, rivisitazioni coraggiose, importanti esempi di teatro sociale (la definizione è limitativa ma efficace); imperversano giornalisti e scrittori affascinati dalle tavole del palcoscenico.
Tra gli spettacoli proposti in quest’ultimo anno, una vera rivelazione è stata Macbettu, per la regia di Alessandro Serra, prodotto da Sardegna Teatro, che ha ricevuto il Premio Ubu come spettacolo dell’anno: una riscrittura in lingua sarda del Macbeth di Shakespeare, le cui atmosfere vengono riscoperte, attraverso un complesso percorso, in quelle barbaricine. Il Premio Ubu per la regia è stato assegnato ex-equo a Massimiliano Civica per Un quaderno per l’inverno (premiato anche come migliore nuovo testo italiano) di Armando Pirozzi, prodotto dal Teatro Metastasio di Prato, e Massimo Popolizio per Ragazzi di Vita, di Pier Paolo Pasolini, prodotto dal Teatro di Roma, interpretato da un intenso Lino Guanciale. Come migliore spettacolo di danza l’Ubu è andato a Sylphidarium. Maria Taglioni On The Ground, per la regia e coreografia di Francesca Pennini: una nuova conferma per la compagnia che l’ha prodotto, il Collettivo Cinetico.
Molti operatori delle performing arts si interrogano su linee e strategie da attuare sul versante dell’audience development, delle modalità di relazione con gli spettatori, sulla formazione del pubblico, tutto questo in linea con scelte e indirizzi proposti in primo luogo dalla Commissione Europea, ma recepiti e condivisi dal MiBACT, le Regioni e gli Enti Locali[11]. Si rivela dunque utile e per certi versi necessaria, l’Inchiesta sulla formazione del pubblico, voluta da due associazioni culturali milanesi, Ateatro e Stratagemmi, e una di Bologna, Altre Velocità. La ricerca, avviata nel 2017, è finalizzata a rilevare metodi, finalità, obiettivi, delle realtà impegnate su questo versante (il progetto vede un primo step in Emilia-Romagna e Lombardia per poi estendersi, auspicabilmente, al resto del Paese).
Una delle tendenze più interessanti degli ultimi anni, è rappresentata dai progetti che vedono i principali punti di riferimento nel territorio, inteso come realtà identitaria, in cui l’agire e l’impatto delle organizzazioni culturali va oltre il risultato produttivo e le stesse finalità connesse alla rigenerazione urbana. Vogliamo qui citarne tre, legati alla realtà napoletana: l’ormai decennale progetto, guidato nella prima fase da Marco Martinelli e Debora Pietrobono, che ha portato alla nascita della compagnia Punta Corsara, e i più recenti NEST Napoli Est Teatro e il Teatro Nuova Sanità, partiti l’uno dall’invenzione e l’altro dal recupero di spazi teatrali. Tali progetti sono accomunati dalla scelta di operare in zone segnate dal disagio sociale e di averne saputo coinvolgere la popolazione, in particolare giovanile, con attività che hanno saputo offrire degli sbocchi professionali. Parlando sempre del 2017, uno spazio a parte merita Futuri Maestri del Teatro dell’Argine di San Lazzaro di Savena-Bologna, da molti premiato: un esempio importante di progettazione partecipata, un percorso durato due anni, fatto di incontri, laboratori, momenti di lavoro differenziati, realizzato con il contributo di pubbliche amministrazioni, fondazioni bancarie, organizzazioni culturali dell’Emilia-Romagna. Ad allievi e allieve di istituzioni scolastiche di diverso ordine e grado è stato chiesto di esprimersi su cinque parole chiave: amore, guerra, lavoro, crisi, migrazione. Dalle loro risposte sono nate nove serate di spettacolo andate in scena al teatro Arena del Sole di Bologna, con mille protagonisti in scena (gli stessi studenti) e nove “maestri” tra i quali, per citarne alcuni, Daniel Pennac e Roberto Saviano. Progetti simili saranno probabilmente favoriti dalle nuove indicazioni strategiche del Miur – Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca per l’utilizzo didattico delle attività teatrali, grazie a cui il teatro è entrato ufficialmente nelle scuole diventando una materia curricolare, in linea con quanto previsto dalla nuova legge sullo spettacolo citata in apertura. Altro progetto di cui si parlerà a lungo (anch’esso ha avuto numerosi riconoscimenti): Inferno. Chiamata pubblica per la Divina Commedia di Dante Alighieri di Marco Martinelli e Ermanna Montanari, qui autori e registi, prodotto da Ravenna Festival e Ravenna Teatro. Basato sull’intuizione di rileggere l’opera di Dante “nei termini della sacra rappresentazione medievale e del teatro rivoluzionario di massa di Majakovskij”, ha trasformato la città in un grande palcoscenico in cui sono stati chiamati a recitare, oltre agli attori, 700 cittadini che hanno dato vita a undici cori, diventando anch’essi protagonisti.
[2] La legge, titolata “Disposizioni in materia di spettacolo e deleghe al Governo per il riordino della materia” è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale 22 novembre 2017. In realtà, la redazione del Codice dello Spettacolo, inteso come testo unico normativo sarà disposto attraverso tale legge.
[3] Nel 2017 era in vigore il D. M. del Mibact Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo dell’1 luglio 2017 “Nuovi Criteri e modalità per l’erogazione, l’anticipazione e la liquidazione dei contributi allo spettacolo dal vivo, a valere sul Fondo unico per lo spettacolo di cui alla legge 30 aprile 1985, n. 163”. L’attuale normativa di riferimento relativa alle performing arts (con eccezione delle Fondazioni lirico sinfoniche) è il D.M del 27 luglio 2017, quasi omologo del precedente.
[4] Sentito il Consiglio superiore per lo spettacolo e previa intesa con la Conferenza unificata.
[5] Ovvero la possibilità di usufruire del credito d’imposta del 65% nelle erogazioni liberali da parte di soggetti privati.
[6] Fonte: “Vita da artista”, ricerca realizzata dalla Fondazione Di Vittorio e dalla CGIL-LSC, 2017.Sono state considerate le seguenti categorie: cantanti, attori, registi e sceneggiatori, direttori di scena, direttori e maestri d’orchestra, concertisti e orchestrali, ballerini, scenografi (parte di essi, come gli attori e i registi lavorano in molti casi sia in teatro che in cinema).
[7] La ricerca si è anche avvalsa di dati primari acquisiti attraverso questionari (oltre due mila i rispondenti, prevalentemente attori), che confermano le tendenze espresse dalle statistiche fornite INPS, arricchendole di elementi e contenuti, evidenziando luci e ombre.
[8] Fonte: Eurostat LSF – Labour Force Survey, 2016
[9] Fonte: SIAE – Società Italiana Autori ed Editori.
[10] Ibidem.
[11] Nel 2016 sono stati implementati, a livello nazionale, diversi importanti progetti ascrivibili a tale ambito, per un approfondimento vedi Io Sono Cultura 2016