Casino Royale è il nome del film che nel 1953 portò sullo schermo il personaggio creato dallo scrittore britannico Ian Flaming. Ci sono voluti settant’anni e ventiquattro pellicole per fare di questa saga un pezzo dell’immaginario collettivo: dal tema musicale del compositore britannico Monty Norman, alle straordinarie location, fino alle automobili da sogno, molte italiane, che hanno trovato in ogni episodio occasione di lancio, con grandi ritorni per le case costruttrici. Nel 2020, secondo quanto riportato dal quotidiano inglese Sun, James Bond, arrivato al venticinquesimo episodio, guiderà per la prima volta un’automobile cento per cento elettrica. Un altro segno che i tempi sono maturi.

Più volte nella storia l’auto elettrica ha fatto la sua comparsa, senza mai affermarsi. Già alla metà dell’800 appaiono i primi veicoli da strada dotati di batterie. Agli inizi del ‘900 potevano competere alla pari con le auto a benzina finché la maggiore convenienza e reperibilità dei carburanti fece perdere loro terreno. Alla fine degli anni Sessanta, in piena crisi petrolifera, l’auto elettrica sembrò di nuovo la soluzione migliore, ma anche questa volta non riuscì ad emergere sulle altre tecnologie.

L’evoluzione esponenziale della tecnologia, la necessità di ridurre gli impatti e gli effetti sulla salute umana della mobilità tradizionale nelle megalopoli del mondo, il moltiplicarsi delle politiche e gli ingenti investimenti delle case automobilistiche ci fanno affermare con fondato ottimismo che siamo a un punto di svolta per la mobilità elettrica. Certo, la tecnologia ha ancora ampi margini di miglioramento, sul fronte dei costi, dei materiali di produzione delle batterie, dei tempi di ricarica, ma il volume delle risorse in campo permetterà in tempi brevi di superare questi limiti. Relativamente al pacco batterie, per esempio, un componente che attualmente può arrivare a pesare anche un terzo del valore dell’auto, tutti gli analisti prevedono nel breve periodo un sensibile abbattimento dei prezzi (dai 176 $/kWh del 2018 ai 62 $/kWh al 2030) in ragione dello sviluppo della tecnologia e dell’aumento dei volumi di installazione sul mercato. Il calo del prezzo delle batterie, unito ad un costo nella gestione ordinaria molto inferiore rispetto alle auto tradizionali e ai numerosi benefici riconosciuti dagli enti locali (es: esenzione tassa di circolazione, parcheggi gratuiti ed accessi ZTL), permetteranno di diminuire sensibilmente i costi sostenuti dai proprietari di auto elettriche.
Si prevede infatti che già nel 2022 in Europa si raggiungerà il pareggio del total cost of ownership tra auto elettriche e auto a benzina.

Attualmente nel mondo ci sono 5,3 milioni di veicoli elettrici per passeggeri o merci (erano 1,5 nel 2016), di cui 2 milioni in Cina (+150% nel 2018 rispetto al 2017), 1 milione negli Stati Uniti (+100% nell’ultimo anno), anche grazie allo Stato della California che, attraverso un favorevole quadro regolatorio, ha assunto il ruolo di capofila in Nord America. In Europa svetta il primato della Norvegia: qui circolano 250.000 auto elettriche a fronte di soli 5 milioni di abitanti. La crescita del mercato ha interessato anche il settore della mobilità elettrica pubblica: oggi circa il 20% delle flotte di bus a livello globale sono elettriche, con le città cinesi leader di questo trend con il 99% dello stock mondiale (si prevede che al 2025 gli autobus elettrici al mondo saranno 1,2 milioni su un parco circolante totale di 2,8 milioni, la Cina guiderà il mercato con il 95% di share di bus elettrici circolanti al mondo). Il gigante cinese naturalmente merita una menzione separata: l’attenzione con la quale la Cina sta puntando sulla mobilità elettrica, data la dimensione del Paese e la sua crescente ambizione geo-politica, non potrà che rappresentare un’ulteriore conferma dei trend in atto, con esternalità positive sulla qualità dell’aria non solo locale ma a livello globale e un probabile effetto contagio (positivo!) sui Paesi satellite. Secondo una recente stima, nel 2020 gli EV rappresenteranno circa il 6% delle vendite di nuovi veicoli sul mercato cinese, un dato che arriverà al 7% nel 2021 e al 9% nel 2022, fino ad arrivare al 20% nel 2025 pari a 7 milioni di EV venduti (passeggeri e commerciali).

In Italia, nell’ultimo anno, le vendite di veicoli elettrici sono praticamente raddoppiate (considerando sia EV, Electric Vehicle, che PHEV, Plugin Hybrid Electric Vehicle), passando dalle circa 5.000 unità del 2017 alle circa 10.000 del 2018 (UNRAE). Una crescita che fa ben sperare per il futuro, legata ad una nuova attenzione da parte delle istituzioni pubbliche, sia a livello centrale che locale, nel supportare modelli di mobilità sostenibile, attraverso la definizione di indirizzi strategici chiari che agevolino gli investimenti, anche in un’ottica di medio-lungo periodo.
Un grande impulso in tal senso discende anche dalle recenti iniziative legislative comunitarie rientranti nel cosiddetto Mobility Package, ormai in via di completamento, un corpus normativo con il quale l’Unione Europea è intervenuta per definire un nuovo concetto di mobilità più pulito, competitivo e connesso, in coerenza con gli impegni presi alla Conferenza di Parigi. Uno sforzo necessario per ridurre le emissioni prodotte dal trasporto – soprattutto su strada – in costante aumento negli ultimi 25 anni e responsabili di circa 1/4 del totale delle emissioni di gas serra dell’UE.

Non solo i policy makers, ma anche il mondo industriale ha cominciato a guardare con crescente interesse alle opportunità derivanti da questa rivoluzione della mobilità. L’ultimo Salone dell’automobile di Ginevra ha chiaramente dato l’idea della quantità di modelli e soluzioni di mobilità sostenibile a zero emissioni, fugando ogni dubbio su un’offerta di modelli elettrici estremamente contenuta. Basti pensare che, secondo una ricerca di Reuters, gli investimenti a livello globale annunciati dalle case automobilistiche sui veicoli elettrici nei prossimi 5-10 anni
ammonteranno a circa 300 miliardi di dollari. Non manca quasi nessuna casa automobilistica all’appello, tutti i maggiori player mondiali stanno investendo nell’elettrico. La corsa all’auto elettrica ha trainato la crescita della domanda di batterie, un mercato controllato dai costruttori asiatici, anche grazie ai sussidi governativi, che in Cina termineranno nel 2020. In Europa, la Germania ha recentemente lanciato uno specifico bando del valore di 1 miliardo di euro per la realizzazione di un sito produttivo di celle per accumulatori e la Francia è vicina a seguire la stessa strada.

In Italia la filiera dell’automotive vale 93 miliardi di euro, pari al 10,5% del fatturato dell’industria manifatturiera e al 5,6% del Pil a prezzi correnti e coinvolge 250 mila addetti tra diretti e indiretti. Questo sistema è oggi dentro una grande transizione, che sposta il baricentro dalla meccanica all’elettronica. Si tratta di cambiamenti importanti che nel 2017 lo studio 100 Italian E-Mobility Stories aveva analizzato in tutte le sue dimensioni. A due anni di distanza, Enel X e Fondazione Symbola promuovono un necessario aggiornamento del “quadro nazionale”, nel frattempo arricchito da importanti iniziative pubbliche e private. Dai grandi studi di design impegnati a ridefinire forme e stile dei veicoli del futuro, ai produttori di  componenti chiamati ad alleggerire il peso dei veicoli grazie all’impiego di nuovi materiali, come leghe leggere, alluminio e titanio al posto dell’acciaio, fino ai produttori di veicoli, anche piccoli, per le diverse forme di mobilità che nel frattempo sono emerse, prime tra tutte il car sharing.

Nel frattempo sono nati anche nuovi soggetti come Motus-E, associazione italiana nata nel 2018 su impulso dei principali operatori industriali, del mondo accademico e dell’associazionismo ambientale e d’opinione per favorire e accompagnare la transizione del settore nazionale dei trasporti verso l’adozione massiva di mezzi sostenibili, promuovendo la mobilità elettrica e divulgandone i benefici connessi alla tutela ambientale.

Gli ultimi due anni hanno inoltre visto un deciso cambio di passo anche sul tema dell’infrastrutturazione della rete di ricarica elettrica. In Italia si stima che siano ad oggi presenti oltre 8.300 punti di ricarica pubblici (EV Data Hub BNEF 2019). Ancora pochi, certo, ma è in costante crescita il numero di aziende, soprattutto utility, che stanno lavorando per recuperare terreno. Tra queste, anche Enel X che oltre a sviluppare e offrire sul mercato una linea di punti di ricarica privati e stabilire una piattaforma molto avanzata nei sistemi di ricarica, a fine 2017 ha lanciato un Piano nazionale per dotare il Paese di una rete capillare di infrastrutture pubbliche di ricarica con l’obiettivo di installare circa 28.000 punti di ricarica al 2022 con un investimento complessivo fino a 300 milioni di euro.

Un aggiornamento necessario quindi che racconta ancora una volta un’Italia che grazie alle competenze, alla flessibilità e al know how delle imprese, delle università e dei centri di ricerca, non solo contribuirà a rinnovare e a rendere il nostro sistema produttivo più competitivo, ma concorrerà anche a dare una risposta ai milioni di giovani cittadini scesi lo scorso marzo nelle piazze di tutto il mondo per chiedere azioni più incisive nella lotta contro i mutamenti climatici.

Francesco Starace | Ermete Realacci