Questo contributo fa parte dell’Undicesimo rapporto IO SONO CULTURA realizzato da Fondazione Symbola, Unioncamere e Regione Marche in collaborazione con l’Istituto per il Credito Sportivo.
Realizzato in collaborazione con Paola Pierotti, PPAN.
L’architettura scende in campo per rispondere ai cambiamenti climatici e a una domanda in evoluzione, che ha a che fare con bisogni accelerati dalla pandemia. Dagli architetti maturano idee sulla città dei 15 minuti, con borghi da vivere con nuove forme di produttività, edifici per il lavoro che diventano luoghi per creare inedite relazioni con la natura, architetture per nuove forme di benessere e, ancora, con edifici capaci di vivere una seconda vita per comunità intergenerazionali. Dall’urban design all’architettura, in dialogo con competenze tecniche che spaziano dall’urbanistica al paesaggio, si fa sintesi tra cultura e tecnica, facendo incontrare ricerca e mercato. Gli incentivi fiscali sono un’occasione per intervenire sul patrimonio edilizio, ma la qualità del progetto richiede: una nuova legge per l’architettura o, più in generale, una riforma sul governo del territorio; strumenti come il concorso di progettazione; cultura di una committenza capace di formulare domande che tengono insieme diversi temi, dall’ambiente all’inclusione sociale, alla bellezza.
How will we live together? è il tema della 17ª Mostra Internazionale di Architettura di Venezia che ha aperto i battenti, un anno dopo il previsto, a maggio 2021. Aggiornato nei contenuti, tenendo conto dello tsunami della pandemia che a scala internazionale ha travolto il mondo, l’appuntamento internazionale di punta per il mondo dell’architettura ha acceso i riflettori sul tema degli spazi nei quali vivere generosamente insieme, e il padiglione italiano, che vede come commissario il Ministero della Cultura, si è concentrato sul tema delle comunità resilienti.
La Biennale è una delle prime istituzioni che ha ripreso l’attività in presenza (anche se non sono mancati contributi di fruizione digitale con QR Code onnipresenti) provando a dare delle risposte alle cause dell’emergenza sanitaria, sotto la guida del direttore Hashim Sarkis, la Biennale 2021 si interroga sui grandi temi che spaziano dal cambiamento climatico alle migrazioni, alla scarsità delle risorse (con una particolare attenzione all’acqua protagonista di diversi progetti), toccando in diversi contesti la questione dei dati e della tecnologia. Alle periferie ha pensato Roma, con un festival multidisciplinare, Iper, coinvolgendo l’intera città per rilanciare l’idea di una cultura inclusiva e partecipata.
Dalla scala del disegno urbano all’architettura, fino al design di prodotto, il mondo della progettazione si sta confrontando con il tema della rigenerazione urbana esplorando continue contaminazioni tra l’ambiente (con una forte attenzione al tema della circolarità del cosiddetto Life Cycle Assessment), l’inclusione sociale e la bellezza.
Post-pandemia, richiamando l’impegno di altre città europee come Parigi o Barcellona si è diffuso il tema della Città dei 15 minuti con applicazioni possibili nelle grandi città a partire da Milano, ma anche con sperimentazioni già concrete in città medie come Pesaro che, partecipando al bando del Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili per la qualità dell’abitare (il cosiddetto Pinqua), ha messo a punto un progetto sviluppato dagli architetti romani di stARTT che ragiona sulla città a misura d’uomo, includendo il centro storico e la corona di borghi intorno, da riabilitare con funzioni per la residenzialità e da connettere con una rete della mobilità lenta. La riflessione si è estesa alle aree interne e ai borghi veri e propri che sono diventati tema di progetto e di attenzione per promuovere nuove forme di comunità ed economia, non solo per il turismo, ma anche come mete attrattive per uno smart working immerso nella natura (a condizione che siano garantite le connessioni). Il tema dei borghi è citato anche nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, ma è maturato già prima del Next Generation Eu. Tra le iniziative in itinere, anche quella coordinata dal Touring Club Italiano con l’architetto Stefano Boeri e il Politecnico di Milano, che fa leva sul concetto di reciprocità tra grandi centri urbani e aree interne. In questo circuito di eccellenza rientrano già alcuni comuni come Gromo e Santa Fiora, rispettivamente in val Seriana (Bergamo) e in provincia di Grosseto, con progettualità e iniziative pubbliche per fermare lo spopolamento e diventare centri di attrazione turistica, senza escludere il lavoro agile. A conferma dell’attualità del tema, nel VI Rapporto sulle città di Urban@it, presentato all’Osservatorio Smart City della Bocconi, si sottolinea che il cambiamento climatico e la crisi determinata dalla pandemia hanno riacceso i riflettori sul tema della sostenibilità, ridando centralità alle città, a patto che si punti su spazi comuni nuovi.
Sullo spazio pubblico si concentra l’attenzione di amministrazioni pubbliche, business developer e progettisti, nella consapevolezza che per creare tessuti urbani vivaci sia primario localizzare e concatenare edifici e spazi aperti, gettando le basi affinché molte cose accadano anche spontaneamente: pratiche sociali, attività culturali e creative devono essere accolte in ambienti a elevato valore architettonico e paesaggistico.
Progetti per il breve, medio e lungo periodo, devono essere resilienti e flessibili per adattarsi nel tempo. Cambiano i comportamenti e le esigenze, e urgono competenze specifiche che rimandano all’urban design piuttosto che alla progettazione del paesaggio, con architetti in dialogo con agronomi e urbanisti.
Tra le iniziative italiane che in quest’ultimo anno hanno fatto passi avanti, c’è la riconversione dell’area di Expo 2015, il nuovo distretto Mind con un milione di mq di superficie, dove Lendlease ha attivato una concessione per 99 anni con la società Arexpo. Lo studio milanese BEMaa ha co-firmato il progetto urbanistico, individuando e strutturando anche uno strumento innovativo come lo stralcio funzionale del Piano integrato di intervento, canovaccio per i successivi progetti che saranno definiti nell’area, rigido nelle regole ma duttile nelle possibilità d’azione. Candidandosi come luogo di sperimentazione di nuove forme dell’innovazione e del vivere urbano, il masterplan include anche il cosiddetto commond ground, sviluppato dallo studio bolognese Mario Cucinella Architects, che riguarda specificatamente l’interazione tra spazi pubblici ed edifici, collante strategico che interessa tutte le aree pubbliche verdi e non, e la superficie dei primi 10 metri di profondità dentro i volumi degli edifici. Il tempo è una delle variabili determinanti dei grandi progetti, come accade a Saronno dove per la rigenerazione dell’ex Isotta Fraschini, 120mila mq di superficie, da valorizzare con un parco di 60mila mq, facendo leva sulla cultura e l’arte, e tenendo conto delle potenzialità dell’asse ferroviario che collega Milano con Malpensa, è stato coinvolto lo studio milanese CZA–Cino Zucchi Architetti. Architettura, urbanistica ed ecologia, memoria e genius loci, riusare i brownfield[1], puntare sul futuro dei giovani: questi gli ingredienti dell’operazione di rigenerazione di quello che è stato uno dei primi insediamenti industriali sviluppato a partire dal 1880. Operazione privata, studiata come “bene comune” che prevede un mix funzionale ma che conta soprattutto sul verde come armatura, elemento che giustifica tutto il resto: migliora la qualità del vivere e garantisce l’inclusività.
Il contesto di riferimento per il post-pandemia è indicato anche dal New European Bauhaus, ma in Italia non mancano esperienze in itinere in stretta connessione con altre reti di città, com’è quella di C40 Cities, che ha promosso l’operazione Reinveting Cities, tesa a promuovere progetti di rigenerazione urbana resilienti e sfidanti in termini di decarbonizzazione del patrimonio edilizio. I Comuni di Roma e Milano, infatti, hanno candidato diverse aree della prima periferia urbana per incentivare processi di trasformazione urbana, contando sulle partnership con i privati e tenendo come criterio di scelta la qualità del progetto.
Sotto la voce della rigenerazione urbana rientrano politiche, programmi e progetti, e dalla primavera 2021 c’è un testo unificato in discussione alla Commissione Ambiente del Senato che affronta il tema: si spazia dal consumo di suolo all’identificazione della qualità della progettazione.
Su quest’ultimo punto in particolare si esplicita che la progettazione, qualora non possa essere redatta dall’amministrazione comunale, dovrà essere svolta facendo ricorso alla procedura del concorso di progettazione o di idee. Tutto questo però sempre in attesa in Italia di una riforma del governo del territorio e di una legge per l’architettura che nel nostro Paese ancora non c’è.
Il mondo delle professioni tecniche in questi mesi ha fatto i conti con l’opportunità legata al Superbonus, l’incentivo del 110% che sta attraendo l’interesse della filiera delle costruzioni, seppur con molti interrogativi e con tante difficoltà legate ai tempi, alla burocrazia e alla reale opportunità di riuscire a fare i conti con una progettazione di qualità. Un’occasione per mettere mano alle periferie, compresi gli interventi residenziali pubblici, ma serve attenzione e sensibilità per fare in modo che il miglioramento energetico introduca anche delle componenti di qualità. Tra le migliaia di pratiche avviate, uno dei primi cantieri partiti è a Torino, Teodosia 110%, che interessa un mega-condominio di 300 famiglie. In campo c’è un pool di progettisti guidati dallo studio Box Architetti e dall’agenzia di consulenza Onleco specializzata in servizi di acustica edilizia e architettonica (entrambi con sede a Torino), con lo studio tecnico Proeco e l’architetto Eraldo Martinetto (che aveva firmato l’intervento ed è stato coinvolto dal team per la sua valorizzazione 40 anni dopo) che ha messo a punto un set di interventi che vanno dal cappotto termico all’isolamento dei pilotis a quello della copertura, integrando il 110 con il bonus facciate, per passare dalla classe D alla A+ con una spesa quasi nulla per i condomini e con la sfida di ridurre le bollette del 40%. Reale Group è il partner assicurativo e finanziario, i lavori sono seguiti all’impresa Secap.
Dalla ricerca al mercato, provando a sposare cultura e imprenditoria. Mettere a sistema la filiera dell’abitare sostenibile per concretizzare iniziative di successo nell’ambito della riqualificazione edilizia, anche in virtù degli incentivi fiscali, è lo spirito che ha animato Gabetti Lab, una società controllata dal Gruppo Gabetti e che ha come tratto distintivo l’aver messo in relazione i tanti operatori che operano nel campo della riqualificazione immobiliare, con attenzione alla sostenibilità. Dagli amministratori di condominio agli studi di progettazione, dagli artigiani alle imprese di costruzioni, in rete con le multinazionali della tecnologia e i grandi general contractor del mondo dell’energia. Il 110% è senz’altro stata una leva, tanto che Gabetti Lab conta di chiudere il 2021 con mezzo miliardo di portafoglio acquisito. Una storia imprenditoriale che esplicita come le soluzioni complesse non chiedono la somma ma la sintesi di competenze. Da qui l’idea di un enzima che crea il contesto abilitante, occupandosi della selezione del supporto tecnico, offrendo un accompagnamento, pur senza essere operativi nella filiera. Un caso che racconta come per il futuro le reti d’impresa e la massa critica siano determinanti per promuovere economie di scala e, ancora, come la digitalizzazione e il management siano fattori da tenere in considerazione per fare in modo che cultura e tecnica si incontrino, dando risposte misurabili e al passo con la domanda.
Dalla scala urbana a quella architettonica la ricerca progettuale ha messo in luce concept e modelli innovativi rintracciabili facendo tesoro dei concorsi aggiudicati in questi mesi.
E non di rado anche i privati hanno scelto lo strumento del concorso per individuare la migliore soluzione progettuale. Nella bergamasca nel piccolo comune di Lovere, affacciato sul lago d’Iseo, i milanesi di Laboratorio Permanente hanno vinto la competizione promossa dalla Fondazione Beppina e Filippo Martinoli per l’ampliamento della Casa della Serenità, una delle prime Rsa post-Covid. Il progetto si chiama Nursing Home Panorama e propone un nuovo prototipo di residenza sanitaria e una nuova filosofia di cura, dove natura e paesaggio sono al centro di un innovativo modello terapeutico.
L’azienda Gibus in Veneto, ancora, ha selezionato lo studio trevigiano Demogo per la sua nuova sede, mettendo a confronto alcuni studi under40 del territorio e optando per una sorta di campus che mette a sistema design e ambiente, ricerca e industria. Un luogo del lavoro che punta ad offrire un’esperienza sensoriale, ma anche un’architettura studiata come dispositivo di contemplazione del paesaggio.
Attraverso le competizioni, il mercato italiano continua ad attrarre anche firme internazionali, come quella di Kengo Kuma a Segrate a ridosso del Parco Lambro, per un nuovo complesso direzionale promosso da Europa Risorse, con un concept innovativo per l’ambito direzionale, un’architettura biofilica che valorizza ancora una volta il rapporto tra uomo e natura.
Mentre a Bruzzano, Unipol ha scelto gli olandesi di UNStudio per fare di un’area periferica un quartiere intergenerazionale dedicato alla salute. Tre gli slogan: Nurture-Nature, Inclusive Neighbourhood e Care Communities.
Dalla Valle d’Aosta alla Puglia, i concorsi come trampolino di lancio per i giovani progettisti. L’obiettivo si conferma con le aggiudicazioni allo studio veneto CinqueA a Verrés per la conversione di un ex cotonificio in una casa dello studente o con quella ad Archistart, con sede a Roma, Milano e Lecce, per la rigenerazione urbana dell’ex Galateo di Lecce, dove far convivere anche in questo caso anziani e studenti, integrando l’abitare con attività laboratoriali e artigianali.
La scuola può senz’altro essere riconosciuta come il tema dell’anno. La scuola come funzione pubblica in grado di influenzare lo sviluppo futuro del Paese, come leva per la rigenerazione urbana, come servizio di welfare. Come sintesi di educazione, pedagogia e didattica.
La scuola come Civic center (come indicato nelle linee guida del Miur del 2013). E ancora, come luogo ibrido, permeabile, poroso. Torino fa scuola è il titolo di un’iniziativa che ha portato alla costruzione di due nuovi poli scolastici-modello, ma è anche il luogo della riflessione con la campagna portata avanti da anni da Fondazione Agnelli sul tema. Le due scuole torinesi sono Enrico Fermi (firmata da Alberto Botter e Simona della Rocca dello studio torinese BDRbureau) e Giovanni Pascoli (Silvia Minutolo di Archisbang e Domenico Racca di Area Progetti, entrambe realtà torinesi), la prima è una scuola di periferia costruita a metà degli anni ’60, l’altra un plesso di inizio Ottocento di cui sono stati riprogettati completamente gli interni. Nuovi modelli anche come centri civici per il quartiere, sintesi di una riflessione tra modelli di apprendimento e prospettive architettoniche centrate sulla componente spaziale del lavoro formativo.
Dal 2016 al 2020 in Italia sono stati indetti 22 concorsi sul tema delle scuole (attraverso le tre piattaforme del Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori – CNAPPC, dell’Ordine degli Architetti di Bologna e dell’Ordine degli Architetti di Milano, a cui andrebbero aggiunti quelli promossi in Sardegna e Alto Adige) con più di 3.000 studi coinvolti: un patrimonio progettuale prezioso che potrebbe essere considerato anche per superare la normativa datata, che risale ormai al 1975. Sulla scuola è scesa in campo anche Cdp Immobiliare annunciando investimenti per 3.5 miliardi di euro di finanziamenti in 5 anni. La Festa dell’Architetto promossa dal CNAPPC ha dedicato l’edizione del 2020 proprio a questo tema monografico, in cui non sono mancati confronti e dibattiti come quello promosso dallo studio genovese Atelier(s) Alfonso Femia, in collaborazione con Ivo Allegro, fondatore di Iniziativa, sul tema Scuola social impact.
[1] “I brownfield sono siti risultanti da utilizzi precedenti di un terreno e della zona ad esso circostante, attualmente abbandonati o sottoutilizzati, che possono presentare problemi di inquinamento reali o percepiti. Essi sono localizzati prevalentemente all’interno di aree urbane e richiedono interventi che consentano il loro riutilizzo”, Sustainable Brownfield Regeneration, CABERNET network report, 2006.