Questo contributo fa parte dell’Undicesimo rapporto IO SONO CULTURA realizzato da Fondazione Symbola, Unioncamere e Regione Marche in collaborazione con l’Istituto per il Credito Sportivo.
Realizzato in collaborazione con Francesca Molteni – curatrice design e fondatrice Muse Factory of Projects.
Si invoca la ricostruzione del dopoguerra, che ha disegnato l’Italia di domani. Anche oggi è in gioco il destino del Paese con il Recovery e Resiliance Plan, e il mondo del design è chiamato a dare il suo contributo. Due le tendenze prevalenti: l’accelerazione del digitale e lo sviluppo di soluzioni di eco-design, verso un’economia sempre più circolare. Grazie alla produzione locale, con le comunità territoriali e i network globali, il design italiano ha messo a profitto le relazioni virtuali, lo sviluppo dell’e-commerce e di tutti gli strumenti di comunicazione che viaggiano nella rete. Significativa la conferma di un evento speciale per il 2021, targato Salone del Mobile: supersalone, all’insegna dell’ibridazione crescente tra reale e digitale. Le sperimentazioni nate nell’anno del lockdown forzato si sono consolidate in nuove relazioni. Dal tessile all’arredo design, dall’industria alimentare all’automotive, fino alla robotica: l’approccio dell’economia circolare riguarda i settori più vari del manifatturiero. Si progetta tutti insieme per il bene comune. Ripartire, riprogettare, rinnovare formule e processi consolidati. Scommettere sul futuro. Questo è l’anno del Recovery and Resilience Plan e il design ne è partecipe. È in gioco il destino del Paese, come ha affermato Mario Draghi nel suo discorso di presentazione del Piano alla Camera il 27 aprile 2021, focalizzato sul digitale, l’innovazione, la cultura, la ricerca, il lavoro, le infrastrutture e la rivoluzione verde[1]. In tanti hanno rievocato gli anni della ricostruzione, il dopoguerra. Anche allora, gli architetti e i progettisti erano tra gli uomini pronti a lavorare per il bene comune. “L’Italia non ha che la sua civiltà per salvare la sua civiltà”, diceva Gio Ponti nel ’43, sulla copertina della rivista Stile, miracolosamente uscita dopo il bombardamento delle sedi dell’editore Garzanti. L’Italia che Ponti sostiene è quella il cui primato è nell’arte (architettura compresa) e nelle arti, l’Italia bombardata da riedificare “migliore”.
La diffusione della pandemia rappresenta un’opportunità di riscatto per il settore, chiamato ad anticipare ed interpretare le trasformazioni radicali necessarie per disegnare il mondo che sarà. Due i trend prevalenti dell’ultimo anno che caratterizzeranno i futuri sviluppi del comparto: in primis, la spinta al digitale che la pandemia ha intensificato, all’insegna dell’ibridazione crescente tra reale e digitale e a vantaggio del consolidamento delle interconnessioni globali della produzione locale; in parallelo, lo sviluppo di soluzioni di eco-design, per coadiuvare la manifattura e l’industria verso un’economia sempre più circolare. Dal redesign dei modelli di business improntati all’uso efficiente delle risorse a quello dei prodotti che dovranno tornare ad essere durevoli, quindi riparabili, ricondizionabili e riutilizzabili, dai sistemi industriali sempre più interconnessi e simbiotici, fino allo sviluppo di piattaforme che agevolino la collaborazione tra utenti/clienti, istituzioni e imprese per permettere ai prodotti di rientrare nei processi industriali per poi essere trasformati in altro, utilizzandone materiali e componenti, riducendo al massimo il riciclo. Fino alla mobilità sempre più interconnessa e sostenibile.
Per rispondere a queste sfide l’Italia può contare sul maggior numero di imprese del design d’Europa (oltre 30mila)
che fino a prima della crisi pandemica offrivano impiego a 64.551 lavoratori e generavano un valore aggiunto superiore a 3 mld di euro[2], registrando un tasso di crescita superiore al resto dell’economia italiana[3]. Settore ancor più cruciale per il Paese se consideriamo la sua funzione di driver di innovazione e competitività del made in Italy, grazie a designer capaci di veicolare innovazione e arricchire la cultura d’impresa a tutti i livelli. A dimostrarlo i numeri dell’ultima indagine disponibile svolta da Unioncamere e Fondazione Symbola[4]. Anche per il 2019, le imprese manifatturiere italiane che hanno investito sul design inserendo nel proprio organico designer o attraverso rapporti di subfornitura, hanno registrato una crescita lungo tre direttrici: fatturato, addetti, export[5]. Competitività che si accentua ulteriormente se si considera il connubio tra investimenti in design e in green economy.[6]
La filiera del design, nel suo complesso, ha retto l’urto della pandemia, con qualche contraccolpo. In alcuni casi, il percorso di recupero sarà lento. Dopo un anno in cui il fatturato del settore legno-arredo, ad esempio, ha perso l’8,9% rispetto al 2019, nei mesi tra maggio e ottobre 2020 sono stati registrati numeri positivi per quasi tutte le aziende, grazie a innovazione digitale, sostenibilità ambientale e ai vantaggi della filiera corta del made in Italy[7]. Sia in questo specifico comparto manifatturiero che in altri, la filiera corta sarà sempre più strategica per la ripartenza del settore, come strategici saranno i distretti che hanno fatto del radicamento locale la loro cifra distintiva, opportunatamente integrati nelle reti tecnologiche e comunicative e nelle economie globali sempre più decisive nell’epoca dei flussi.
Il design italiano si è rinnovato, nel metodo di lavoro e nei linguaggi, diventando ancora più flessibile e velocemente digitale, per raggiungere tutti nel mondo. Grazie alla produzione locale, con i suoi territori di comunità, e i network globali, ha messo a profitto le relazioni virtuali, lo sviluppo dell’e-commerce e di tutti gli strumenti di comunicazione che viaggiano nella rete.
Significativa la conferma di un evento speciale per il 2021, targato Salone del Mobile, con nuovo nome e logo – supersalone, dal 5 al 10 settembre alla Fiera di Rho. Il nuovo format conferma il desiderio e la necessità di scommettere sul futuro: un concept light, fisico e digitale, curato da Stefano Boeri, realizzato con cinque co-progettisti internazionali. L’evento si presenta come una grande biblioteca del design centrata sugli spazi dell’abitare contemporaneo, valorizzando le novità e le creazioni messe a catalogo negli ultimi 18 mesi dalle aziende, a partire dai loro prodotti storici che, grazie al debutto della piattaforma digitale del Salone, potranno essere acquistati (per la prima volta) al termine della mostra. Oltre all’esposizione e alla vendita, numerosi gli eventi culturali (anche serali) e di approfondimento, non solo nei tre padiglioni della fiera ma anche in numerosi spazi cittadini. Tra cui c’è spazio per collaborazioni cross-settoriali come quelle con La Scala, di lungo corso come quelle con l’immancabile Triennale, ma anche del tutto nuove come quelle strette con soggetti di nuova inaugurazione, come l’ADI Design Museum, che ospita la collezione storica del Compasso d’Oro, il celebre premio assegnato dal 1954 dall’Associazione per il Disegno Industriale ai migliori prodotti di design. Non più solo fiera, ma sempre più evento esperienziale a 360 gradi.
E-commerce, virtual tour, strumenti digitali, prototipazione a distanza, il tutto all’insegna dell’ibridazione crescente tra reale e digitale. Come hanno reagito i designer e come sono stati coinvolti nel processo di innovazione? Collezioni ad hoc nate durante il lockdown, progetti nuovi per immaginare spazi e prodotti che diventeranno reali, nuovi materiali e nuovi metodi di modellazione 3D, nuove piattaforme per condividere creatività e collaborazioni internazionali.
Molti i designer coinvolti in concorsi nazionali e internazionali stimolati dalle connessioni digitali crescenti volti a sviluppare nuovi modelli di ricerca e risposta alle mutate condizioni globali, come We Will Design, il nuovo contest di BASE Milano che invita università, designer e brand emergenti, a ripensare al futuro dell’uomo post Covid-19. ll design diventa così strumento di cooperazione e costruzione comune, importante per ri-progettare le relazioni e le co-abitazioni del futuro. Tra le iniziative più interessanti a livello internazionale c’è Design in an Age of Crisis, una open call lanciata lo scorso luglio da Chatam House e London Design Biennale che ha raccolto 500 adesioni di progettisti provenienti da 50 paesi e 6 continenti. I progetti sono visibili in una mostra virtuale aperta, e da giugno sono esposte alla London Design Biennale, presso la Somerset House.
Le sperimentazioni online nate nell’anno del lockdown forzato, senza mostre e incontri in presenza, si sono consolidate in nuovi network e relazioni. Perfettooo! è, ad esempio, una nuova piattaforma online nata sulla rete e per la rete, con l’obiettivo di esplorare il potenziale tra racconto del prodotto ed esposizione digitale nel campo del progetto. Un format di Maria Cristina Didero e Annalisa Rosso, destinato non solo ad accogliere mostre di design online, ma anche a permettere ai progettisti di creare il contenitore virtuale ideale – your dream space for your dream project – per mettere in scena il proprio lavoro. Altro caso interessante è quello dell’artista e designer Duyi Han, che ha prodotto una serie di renderings che rappresentano oggetti di 41 importanti designer italiani, come Ettore Sottsass e Enzo Mari, in ambienti 3D tratti dalla cultura pop. Un progetto per una mostra virtuale organizzato dalla Galleria Superhouse di Brooklyn, dal titolo Different Tendencies: Italian Design 1960 – 1980.
Grazie alla rete, i designer si sono messi in gioco direttamente, senza il tramite delle aziende o dei negozi fisici. È il caso di Movimento Club, un nuovo progetto a cura di Artefatto Design Studio, studio multidisciplinare con sede a Londra, che si caratterizza per l’innovazione e lo stretto contatto con i processi produttivi degli artigiani italiani. L’innovativa piattaforma offre una selezione di prodotti sorprendenti, rivolti a collezionisti, gallerie, architetti e designer, attraverso cui promuove progettisti emergenti (editori e autoproduttori), lavorando sulla sperimentazione e sulla ricerca tecnica e materica. La finalità della piattaforma, che offre anche uno shop online dove acquistare le proposte dei designer, è quella di ridisegnare gli scenari futuri partendo da una collettività che condivide gli stessi valori e che si supporta a vicenda.
Digitale e community aiutano anche le aziende a consolidare intrecci con altri settori manifatturieri design-oriented e facilitano l’apertura verso i giovani creativi.
DRESS YOUR VISION – Alcantara is on board è un contest online lanciato da Auto&Design (rivista di design dedicata al settore automotive) e l’azienda tessile Alcantara di Milano. La competizione è aperta a tutti gli studenti di transportation e car design e giovani creativi per ridisegnare la mobilità del futuro, attraverso l’utilizzo innovativo del materiale Alcantara.
Spinta digitale a parte, intensificata da quest’ultimo anno di pandemia, tra i trend principali che negli ultimi anni caratterizzano lo sviluppo di innovazione nel settore c’è lo sviluppo di soluzioni di eco-design, che nei prossimi anni rappresenteranno il fulcro della domanda di ricerca che l’industria rivolgerà alle imprese del settore.
Ad oggi, la maggior parte dell’attenzione rivolta all’impatto ambientale trova espressione nel prodotto e nella scelta di materiali meno inquinanti, che potenziano la durabilità del prodotto e che permettano il loro recupero a fine utilizzo. In un orizzonte temporale di breve termine, il design servirà alle imprese per tradurre i principi dell’economia circolare nei cicli produttivi: dalla selezione di materiali ecosostenibili all’upcycling delle diverse parti del prodotto, dalla implementazione di processi a basso consumo di risorse fino al servizio di recupero a fine utilizzo.
Prendiamo per esempio il nylon, derivato del petrolio ad alto impatto ambientale soprattutto nelle prime fasi della sua produzione. Ad Arco di Trento, sul lago di Garda, c’è una multinazionale quotata in borsa, con 2.900 dipendenti e mezzo miliardo di fatturato, che ha creato un filo di nylon 100% rigenerato e rigenerabile. In che modo? Recuperando la poliammide dai prodotti che la contengono: moquette, reti da pesca e altri materiali. L’azienda si chiama Aquafil, il nome del filato è Econyl, brevettato nel 2011, rappresenta il 38% dei volumi prodotti dall’azienda, un esempio di economia circolare tanto importante da rivoluzionare il settore dell’abbigliamento. Utilizzando questo materiale è nato The Minu, brand milanese creato da Alessandra Albertini nel 2019, che unisce sostenibilità e abbigliamento nel concetto chiave di activewear that cares. La svolta sostenibile investe una parte consistente non solo dell’abbigliamento più casual ma anche di molto sportswear. Dalle Yeezy Foarm Runner di Kanye West, alla collezione in micelio di Stella McCartney, la nuova tendenza internazionale in fatto di sneaker e sportswear è ecosostenibile e punta sull’innovazione dei materiali. Anche in Italia, ad esempio, John Low è una scarpa sportiva prodotta con l’80% di materiali rigenerati grazie a brevetti made in Italy e sfridi di produzione che, attraverso tecniche innovative, prendono nuova vita in tessuti, pelli e fondi dalle caratteristiche performanti. È prodotta da Premiata, azienda marchigiana con sede a Montegranaro (FM) e quasi un secolo e mezzo di storia. .
Durata, stabilità, riuso, riciclo, rispetto e attenzione, produrre meno ma meglio, ripensare quello che già esiste.
Dal mondo tessile a quello dell’arredo design, l’approccio dell’economia circolare riguarda i settori più vari del manifatturiero, reinventando gli spazi della casa con prodotti più flessibili e di minor impatto ambientale. Anche per il filosofo Leonardo Caffo, che insiste sull’importanza della durabilità dei prodotti, dopo la pandemia rimarrà la cura dell’arredo, non più visto come un bene futile ma risultato dalla capacità di rigenerare risorse in modo consapevole[8]. Tra i casi esemplificativi di questa tendenza nel mondo dell’arredo, c’è il marchio emergente anglo-italiano, Supernovas, con sede a Londra e filiale a Milano, che sperimenta l’uso di plastica riciclata per dare vita a collezioni interamente riciclabili, da scambiare o restituire per moltiplicare all’infinito i cicli di vita del prodotto.
Per sensibilizzare un pubblico ampio e diversificato sul riuso e il riciclo, la National Gallery of Victoria di Melborune ha ospitato fino ad aprile di quest’anno Recycled Woolen Island, l’installazione ideata dalla designer spagnola Patricia Uquiola, in collaborazione con Gan, brand spagnolo di tappeti artigianali, per dare un nuovo valore ai materiali di scarto. Lavorando a stretto contatto con l’azienda, Patricia Urquiola ha scelto di utilizzare feltro fabbricato con una tecnica speciale che consente di utilizzare lana di scarto o eccedenza di produzione, oltre al filato pet riciclato al 100%, utilizzato per tessere altri elementi dell’installazione. Un modello di collaborazione simile, dove siano coinvolti musei o istituzioni pubbliche, designer e imprese manifatturiere, non è così diffuso in Italia. Nel nostro Paese, tra le iniziative più interessante possiamo qui ricordare quelle promosse dalla gallerista Rossana Orlandi con la terza edizione del premio Ro Plastic Prize, che parteciperà alla Milano Design Week 2021. La call del progetto internazionale RoGUILTLESSPLASTIC® con al centro il re-Waste, finanzierà lo sviluppo della migliore idea sul riciclo della plastica. Con il progetto Re Boe, Filippo Zonno, studente NABA vincitore della seconda edizione, ha proposto nella categoria Industrial Design una soluzione per recuperare la plastica del mare o dalle zone costiere per riutilizzarla nella realizzazione di boe nautiche colorate, eliminando il rifiuto di plastica e ridandogli nuova vita. E, a proposito di plastica e riciclo, a Napoli c’è la Fondazione Plart, un hub per la creatività sostenibile,, nato per promuovere la cultura dei materiali polimerici, realizzato da Maria Pia Incutti. Lo spazio polifunzionale ospita 2.000 oggetti di design di uso quotidiano e opere di designer e artisti contemporanei. La sede torinese, di prossima apertura, è un centro di progettazione creativa attorno alle nuove possibilità ecosostenibili che si aprono attorno alla plastica.
Un processo in atto in tanti settori, dove si produce per ambiti diversi della vita quotidiana. Anche nel futuro dell’industria alimentare, si trasformeranno gli scarti di cibo in oggetti. La designer islandese Valdís Steinarsdóttir sta infatti trasformando i sottoprodotti dell’industria della carne in recipienti fatti di ossa e materiale bioplastico per il packaging. Il progetto Just Bones è dedicato alla creazione di contenitori prodotti con la polvere di ossa animali, mentre Bioplastic Skin trasforma la pelle animale in imballaggi per la carne. In Italia, a proposito di sviluppo di soluzioni per favorire la sostenibilità nel settore alimentare, c’è l’innovativo e ambizioso progetto di Krill Design, start-up milanese che progetta, produce e distribuisce prodotti di design, proposto al Comune di Milano da realizzare nel quartiere Bovisa-Dergano. Grazie al coinvolgimento degli esercizi commerciali delle aree selezionate, il progetto prevede il ritiro presso l’esercente dello scarto di caffè, la sua lavorazione e trasformazione in biopolimero e, infine, la stampa 3D e commercializzazione del prodotto finale. Progettato insieme agli studenti di Design del vicino Politecnico di Milano, Krill Design gestisce l’intero processo, generando un’importante una ricaduta di impatto ambientale e sociale sulla comunità locale.
Per quanto riguarda il settore automobilistico, il gruppo cinese FAW (il più grande produttore d’auto del Paese asiatico) assieme a quello statunitense SILK EV, hanno investito un miliardo di euro per dare vita a Reggio Emilia a un polo di produzione e ricerca volto a intrecciare il design made in italy con la creazione di auto sportive elettriche di alta gamma. Le vetture previste – che vedranno luce a inizio 2023 – sono i modelli della serie S di Hongqi; tra queste, a progettare la Hongqui S9 sarà il designer italiano Walter De Silva. Dall’Emilia a al Piemonte il passo è breve, ripercorrendo i territori storici dell’automotive e del transportation design italiano. Basti pensare a GFG Style di Giugiaro, fondata nel 2015: in soli 5 anni ha dimostrato grande capacità creativa e realizzativa nel progettare auto green ricercate anche per l’estetica. Sono ben 7 infatti le concept car elettriche nel panorama stilistico mondiale nate dalla creatività dei Giugiaro. Dopo la prima avvenieristica Hyper Car all terrain elettrica VISION 2030 – presentata nel 2019 -, prototipo a zero emissioni quattro ruote motrici pensato per le strade dell’Arabia Saudita, nel 2020 è arrivata la sua evoluzione, la VISION 2030 DESERT RAID: Hyper SUV estremo e molto scenografico a quattro ruote motrici per percorsi impegnativi. Terza novità è la BANDINI DORA, barchetta sportiva full electric, quattro ruote motrici – 2 motori elettrici, 400 kW totali su due assi – pensata per il tempo libero e ispirata alle vetture sportive costruite da Bandini negli anni ’50. Altra azienda torinese che da sempre rappresenta nel mondo, la creazione dell’eleganza e del lusso personalizzato made in Italy è Pininfarina, tra le cui ultime realizzazioni c’è Karma Gt, una vera gran turismo elettrica a due porte, selezionata dall’ADI per concorrere al premio Compasso d’Oro di quest’anno. L’innata capacità di Pininfarina di immaginare il futuro e dargli forma anticipando i tempi e dettando le tendenze, si riassume nella recente mostra La forma del futuro, percorso che si può visitare al Mauto – Museo Nazionale dell’Automobile di Torino, dove sono esposti sedici esemplari che hanno dettato le tendenze dell’automobile.
E, a proposito di transportation design, tra i più autorevoli centri internazionali di formazione al mondo, c’è l’Istituto Europeo di Design, con 11 sedi in 3 Paesi nel mondo e una storia che supera i 50 anni di vita, in cui ha mantenuto una matrice interamente italiana. La sede IED di Torino guarda al futuro della mobilità e alle sue filiere produttive più innovative. Dopo aver presentato al Salone dell’Automobile di Ginevra 2019 – in collaborazione con Honda Design – Tomo, l’auto elettrica pensata per i giovani, gli studenti del master hanno proposto anche per il 2020 un concept di EV innovativo. Si chiama Tracy ed è un veicolo compatto a sei posti che nasce sotto il segno della condivisione e della sostenibilità, ideale sia per il trasporto privato che pubblico. Frutto della convinzione che la mobilità del futuro sarà nel segno della “community”, Tracy coniuga bisogni diversi, grazie alla sua capacità di attraversare qualunque tipo di ambiente, dalla città ai percorsi fuoristrada. L’anima green del veicolo si manifesta non solo nella trazione integrale elettrica, ma anche nella scelta di realizzare il prototipo con materiali naturali e sistemi di colorazione ecologica.
Soluzioni green aumentano il valore aggiunto anche delle imbarcazioni di lusso. Nel settore nautico, M/Y Nord è stata progettata dallo studio di design trevigiano Nuvolari-Lenard. Il mezzo presenta un design di prua mai visto prima su uno yacht, progettato con un’idea in mente: provocare forti emozioni in ogni osservatore, non solo attraverso le sue dimensioni. Alta 142 metri, con due piste di atterraggio per elicotteri e cinque ponti, è il design stesso la peculiarità del mezzo, caratterizzato da materiali e modalità sostenibili, in grado di emettere una bassa quantità di CO².
In questa breve panoramica di soluzioni innovative di eco-design non può mancare la robotica made in Italy, tra i cui massimi interpreti c’è E-NOVIA E-Novia, la “fabbrica di imprese” con sede a Milano, che deve il suo successo a progetti ad alta innovazione e ricerca frutto della collaborazione tra ingegneri e designer della società, a stretto contatto con centri di ricerca universitari specializzati in meccatronica, sistemi di controllo e tecnologie industriali (atenei di Bergamo, Siena, Genova, Trento, Padova, L’Aquila, Pescara, Torino, nonché del Politecnico di Milano). L’azienda è un talent scout di idee tecnologiche: le cerca, le trasforma in prodotto e crea nuove imprese che possano stare sul mercato. Inserita dal Financial Times tra le mille aziende cresciute più velocemente nel mondo in questi anni (ha generato oltre 30 progetti imprenditoriali), in questi mesi l’azienda si prepara allo sbarco in borsa. Per renderlo possibile, è stata realizzata una raccolta, attraverso l’operazione di crowdfunding più importante in Italia e tra le più importanti in Europa, per iniettare nella società capitali per complessivi 30 milioni di euro. La componente di design dei suoi prodotti è tale che con Yape – Your Autonomous Pony Express, nel 2019 l’azienda ha vinto il German Design Award, uno dei riconoscimenti internazionali più importanti nel design. Diventato icona dell’hi tech made in Italy, Yape è un robot a guida autonoma ideale per le consegne di merci a domicilio. Su due ruote, è in grado di spostarsi sui marciapiedi a 6 km/h e sulle piste ciclabili fino a 20 km/h. Le telecamere e i sensori di cui è dotato gli consentono di capire dove si trova eludendo gli ostacoli e di riconoscere i volti di mittenti e destinatari, evitando che estranei possano prelevare la merce. Interfacciandosi con i sensori collocati in città, monitora il percorso nei dettagli, costruendo una mappa dove raccoglie informazioni utili, compresa la presenza di buche. In fase di sperimentazione in Italia, Yape è approdato anche in Giappone dove ha svolto alcuni test di consegna merci in accordo con il servizio postale locale e all’aeroporto di Francoforte dove accompagna i viaggiatori al gate.
Infine, a conferma che questo è l’anno delle visioni che portano lontano, il tema dello spazio trova una sua significativa collocazione.
Il 19 febbraio Il Rover Perseverance è arrivato su Marte in cerca di vita. Si apre così una nuova pagina dell’esplorazione spaziale che ispirerà anche il mondo del design. Il design s’interroga sui propri confini, varcando le circoscrizioni dello spazio reale per approdare nello spazio cosmico, luogo estremo e strumento di ricerca dell’Existenzminimum, il minimo indispensabile per vivere. Come vivono gli astronauti sulle navicelle spaziali? E cosa ci insegna la ricerca e la sperimentazione in quel campo così innovativo? Il tema dell’abitare minimo ha coinvolto numerosi artisti e designer quest’anno, anche grazie al successo mondiale di Nomadland, vincitore dell’Oscar 2021 come miglior film. Testimonianza di tale interesse nel mondo del design è la creazione di un nuovo abbigliamento per attività Iva e intra veicolari, ideato dall’architetta e designer italiana Annalisa Dominoni. E a queste tematiche sarà dedicata anche la XXIII Esposizione Internazionale di Triennale Milano, in programma per il 2022, la cui curatela è stata affidata all’astrofisica dell’ESA Ersilia Vaudo. Sarà un viaggio alla scoperta dei misteri della nuova era, alla luce del recente “ipersalto” tecnologico dell’umanità oltre che delle fragilità collettive scatenate dalla pandemia: Unknown unknows (Quello che non sappiamo di non sapere) è il tema, complesso e articolato, della manifestazione.
Titolo perfetto per questo momento storico, che richiede grande disponibilità al cambiamento di schemi, paradigmi, certezze consolidate, per immaginare e costruire un presente e un futuro migliori, all’insegna di un design più giusto e più etico.
[1] Queste le parole di Mario Draghi: “L’opera di rinnovamento fallirà, se in tutte le categorie, in tutti i centri, non sorgeranno degli uomini disinteressati, pronti a faticare e a sacrificarsi per il bene comune”. Sono in gioco, infatti, non solo le ferrovie, l’alta velocità, la digitalizzazione, la trasformazione ambientale e sostenibile dell’economia e della sanità, ma in primo luogo “le vite degli italiani, il destino del Paese, la sua credibilità”.
[2] Fondazione Symbola, Deloitte Private – Design Economy, 2020.
[3] Lo testimoniano le circa 6mila imprese in più registrate tra il 2011 e il 2018, o la crescita di circa 200 milioni di euro di valore aggiunto e quasi diecimila occupati, questa volta tra il 2011 e il 2019. Fondazione Symbola, Deloitte Private – Design Economy, 2020
[4] Da quattro anni Fondazione Symbola ed Unioncamere realizzano un’indagine campionaria su circa 3mila imprese manifatturiere da 5 a 499 addetti (statisticamente rappresentative dell’universo formato da 54.000 unità) per indagare la relazione stretta tra investimenti in design e competitività. Fondazione Symbola, Deloitte Private – Design Economy, 2020
[5] Nelle imprese cosiddette “design oriented”, infatti, il 31,2% dichiara una crescita degli addetti durante il 2018 (15,7% per le altre imprese) e oltre un terzo afferma un miglioramento del fatturato (37% contro 22,7%) e delle esportazioni (33,2% contro 25%). Fondazione Symbola, Deloitte Private – Design Economy, 2020.
[6] Nella distinzione tra imprese, il vantaggio a favore di quelle che investono in tecnologie green, puntando simultaneamente sul design, raggiunge i 22,6 punti percentuali in termini di addetti (il 38,6% delle imprese green e design oriented dichiara un aumento dell’occupazione, contro il 16,0% delle imprese inattive sui due fronti), 25,1 punti in termini di fatturato (48,0% contro 22,9%) e 13,5 punti in relazione alle esportazioni (38,6% contro 25,1%). Fondazione Symbola, Deloitte Private – Design Economy, 2020
[7] Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo, L’industria e i distretti del mobile: tra tradizione e
Innovazione, 2021.
[8] Leonardo Caffo, Dopo il Covid-19, Nottetempo, 2020.