Quella legata al Covid ha una particolarità rispetto alle crisi cui siamo stati abituati: colpisce i settori dell’economia in modo molto diverso. Alcuni non hanno neanche avvertito la crisi, altri hanno interrotto la loro attività per poi riprenderla, altri ancora rischiano di infragilirsi per lungo tempo se non si mettono in campo misure radicali per ripensarli. Tra questi ultimi ci sono i settori cosiddetti “creativi”, quel comparto fatto di specializzazioni nelle espressioni artistiche e culturali e, insieme, delle “industrie” di servizi e manifattura che su di esse poggiano. Dal design alla moda, dal digitale applicato ai beni culturali ai videogiochi: solo per citarne alcuni. Sono attività che impiegano complessivamente circa 1,5milioni di persone in Italia, con una produzione di 96 miliardi e un indotto che ne vale 265: un pezzo molto importante dell’economia italiana: qualitativamente e quantitativamente. In questo quadro la prima regione italiana è proprio il Lazio, che, secondo i dati della Fondazione Symbola, ha un valore aggiunto di circa 15 miliardi e occupa circa 210 mila persone. A fronte di questi numeri c’è oggi un rischio: il comparto, già indebolito sul nostro territorio rischia di subire danni permanenti per effetto della crisi. Con un impoverimento grave della vocazione economica complessiva.