Estratto del capitolo “Si fa presto a dire NFT. Il Web tra rivoluzione annunciata e innovazione permanente” di Io sono Cultura.

Il fascino discreto dei Non Fungible Token continua a crescere e ad espandersi, non solo nei settori dell’industria culturale e creativa. A confermarlo c’è il Dizionario Collins, che ha designato il termine NFT come Word of the Year 2021 (al quarto c’è Metaverse, al settimo Chrypto). Nel frattempo, alle criticità proprie della Blockchain – energivora e, per il momento, poco sostenibile a livello ambientale – si vanno aggiungendo le problematiche dell’elemento umano e le incertezze normative. Gli NFT sembrano offrire alla Blockchain un’occasione d’ampliamento, passando da un pubblico specializzato a uno più ampio, anche se rimane tutt’altro che certo che l’utente medio di Internet sia pronto e preparato a questo genere di innovazione. C’è chi comincia a guardare alla storia del Web, dal 1990 in poi, in una chiave di alternanza tra decentralizzazione e centralizzazione; la prevalenza dell’una o dell’altra sarebbe riferibile non solo all’innovazione tecnologica in sé, quanto ad aspetti legati alla concorrenza, quali il network effect, il lock-in dei consumatori e l’affermarsi di standard di settore.

La Blockchain viene vista dai suoi sostenitori come uno strumento al servizio della collettività, in contrasto con il quadro odierno dominato dai giganti del Web. Concretamente, la Commissione europea si aspetta che la tecnologia blockchain serva a raggiungere “more transparency and better rights data management, notably with regard to copyright and an improved identification of rights owners“.  È tuttavia evidente che la certificazione e l’amministrazione dei diritti di proprietà intellettuale sono ancora da definire, a causa della scarsa disponibilità di metadati affidabili sui contenuti protetti da copyright. Infatti, quando gli interessi in gioco assumono una valenza così considerevole, la conclamata inespugnabilità del distributed ledger può essere strumentalizzata a danno degli investitori più o meno “informati”, da una parte, e dei titolari dei diritti dall’altra.

Il valore complessivo dagli scambi di NFT nel 2021, che oscilla tra 17 e 40 miliardi di dollari in criptovalute (tra i 16 e i 37 miliardi di euro) a seconda delle fonti, comprende anche la creazione di bolle strumentali su certi beni virtuali, come può avvenire, ad esempio, quando un operatore mette in piedi un sistema di wash-trading, laddove lo stesso operatore, attraverso wallet distinti, agisce nel medesimo scambio come acquirente e venditore.  Ci sono poi fenomeni simili a quelli della vecchia pirateria, quando l’NFT è associato a un bene digitale o fisico, certificato nella blockchain, sul quale il venditore non ha titolo.

OpenSea, uno dei maggiori Marketplace dei Non Fungible Token, ha twittato a fine gennaio 2022 che l’80% degli NFT coniati sulla sua piattaforma erano collegabili a “plagiarized works, fake collections and spam.”  Secondo CNN (Cable News Network, la più importante emittente televisiva statunitense), “Reports of scams, counterfeits and wash trading have become commonplace”e, una volta che la transazione è stata effettuata (questione di giorni o anche di ore), la blockchain garantisce l’anonimato degli operatori e il marketplace gode di un’esenzione da responsabilità come mero hosting provider. Inoltre, in tutti i casi in cui il contenuto associato all’NFT – musica, video, arte, collectible, o altro – è salvato in un cloud separato dal token che lo certifica, è possibile che, per motivi tecnici o per intervento umano o per la perdita delle credenziali di accesso, il bene digitale divenga inaccessibile.

Continua a leggere il capitolo da p. 62 a 65 su Io Sono Cultura 2022, la ricerca realizzata con Unioncamere, Regione Marche, in collaborazione con l’Istituto per il Credito Sportivo.