Italia ha un problema di consapevolezza. Non siamo mai riusciti a ragionare come sistema; abbiamo uno Stato fondato sui diritti e non sui diritti associati ai doveri; soffriamo di una malattia endemica come l’invidia, che impedisce di vedere il merito negli altri, ma soltanto i presunti vantaggi acquisiti grazie a indebiti sostegni é agevolazioni. Tutto questo ci impedisce di valorizzare le tante eccellenze che comunque siamo riusciti a creare e farle diventare trainanti. Ma non riusciamo a rendere uno degli embrioni fondanti della nostra comunità, le imprese, il pilastro sul quale costruire futuro e sviluppo. Ogni anno la Fondazione Symbola si incarica di fotografare l’Italia migliore in io selfie. E ogni anno ci racconta i primati del nostro Paese come, ad esempio, quello di avere il più alto tasso di riciclo sul totale dei rifiuti speciali e urbani prodotti in Europa. E non di poco. Siamo all’83,4% rispetto a una media del 53,8%, superando Germania (70%) e Francia (64,5%). Nel settore «tessile moda e accessori» l’Italia è il primo esportatore in Europa e secondo solo alla Cina nel mondo. È anche per questo che riusciamo a sorprendere tutti gli istituti di ricerca mettendo a segno crescite Maggiori del previsto. Il racconto che facciamo di noi è un racconto sempre parziale e sempre orientato ai problemi. E normale che veniamo così continuamente sottostimati nelle nostre potenzialità. Ci auto impediamo di analizzare veri ostacoli e finti alibi, preferiamo annegare il tutto in un lamento generale. Il paese è attraversato dal dibattito sui rischi e le opportunità dell’intelligenza artificiale, ma ci perdiamo il fatto che solo il 6,2% delle imprese con almeno io dipendenti, secondo l’Istat (dati 2021), la utilizza, contro una media dell’8% nella Ue. E a fare meglio è il Mezzogiorno arrivando al 7,6%. Per le piccole imprese quel dato è al 5,3% contro il 24,3% delle grandi. E anche quella del Sud è un’altra sorpresa. Ma un Paese non cresce a colpi di sorprese.