Nell’ultimo decennio l’industria tessile e della moda italiana ha effettuato passi significativi nel percorso di transizione verso modelli di produzione e consumi più sostenibili. Per quanto provata da oltre un anno di pandemia Covid-19 le cui conseguenze sono evidenziate dal calo del fatturato e dalla perdita di unità produttive e negozi, il comparto che oggi deve raggiungere gli obiettivi definiti dal Green New Deal (decarbonizzazione ed economia circolare) trae forza e credibilità dall’esperienza acquisita negli anni sui temi della sicurezza chimica e definisce la propria posizione partendo dalla progettazione del prodotto in chiave circolare.
Leggendo i bilanci di sostenibilità elaborati dai principali brand del settore, si evince che la strategia si traduce nel controllo delle emissioni e dei consumi energetici, e nell’adozione di approcci di ecodesign a partire dalla scelta della materia prima che contribuisce a determinare il carico ambientale di un prodotto. Il tema della sicurezza chimica trova qui un importante ruolo: non riguarda solo coloranti, ausiliari ed additivi utilizzati nei processi produttivi ma anche la tipologia stessa delle materie prime utilizzate, in particolare i polimeri di sintesi di cui si conoscono ormai bene le criticità legate in particolare alla dispersione di microfibre. Alla sicurezza chimica è inoltre fortemente legato il tema della gestione del prodotto a fine vita: la presenza di contaminanti riduce infatti le possibilità di riciclabilità e biodegradazione dei materiali. Non è quindi un caso che nell’aprile 2021 Camera Nazionale della Moda (Milano) ha pubblicato Le buone prassi di fabbricazione-Linee guida sull’uso dei prodotti chimici nelle filiere produttive della moda: un documento che conferma l’impegno assunto nel 2012 con il Manifesto per la sostenibilità della moda italiana.
In questo scenario anche sostenibilità sociale e difesa della biodiversità acquistano un ampio valore. Cresce l’interesse a ridisegnare la connessione tra filiere logistiche e territori anche sulla base delle sensibilità accresciute durante la pandemia tra le imprese, le comunità e i luoghi in cui le stesse operano. Assume inoltre un ruolo importante nelle strategie d’impresa l’adozione di pratiche di misurazione e monitoraggio dell’impatto ambientale dei processi, allo scopo di mitigarne l’incidenza o, in alternativa, adottare strategie di compensazione. Siamo di fronte ad una nuova stagione per la moda italiana che punta a preferire un approccio olistico che vada oltre la realizzazione di collezioni o capsule ‘ecofriendly’ e consenta a manager e stakeholder di misurare l’impresa, le sue attività e i suoi prodotti in relazione agli obiettivi dell’Agenda 2030.
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Continua a leggere “Tessile e Moda” p. 208 di Green Italy 2021 Un’economia a misura d’uomo per il futuro dell’Europa, la ricerca su dati e storie della green economy italiana di Symbola e Unioncamere.