“Redimere la terra” per produrre nuove risorse. Questa la motivazione che nel 1922 spinse un gruppo di amici a rilevare la proprietà che si estendeva dal castello di Capalbio al mare – un territorio all’epoca inospitale e paludoso – e fondare Terre di Sacra. Una motivazione, talmente profonda, da entrare di prepotenza nel nome di allora: Società Anonima Capalbio Redenta Agricola (S.A.C.R.A.)

“Redenta”, perché quella parola esprimeva in pieno il programma da attuare: redimere il comprensorio attorno al lago di Burano con una moderna bonifica idraulica, che avrebbe prosciugato le paludi e distrutto i focolai malarici. Successivamente, con una bonifica fondiaria del territorio, fare di Capalbio un centro agricolo-zootecnico di prim’ordine.

Una sfida appassionante e promettente di soddisfazioni, lanciata anche per dimostrare alle autorità nazionali le capacità dell’imprenditoria agricola lombarda. Facevano parte di quel gruppo uomini illuminati, espressione di quella migliore imprenditoria italiana che ha avuto il suo massimo interprete in Adriano Olivetti. Non semplici padroni ma soci, che hanno sempre operato per il progresso economico-sociale della tenuta e della propria gente.

La storia di Terre di Sacra è fatta dei terreni strappati alla palude con i lavori di bonifica e delle conquiste, economiche e sociali, dei propri operai. È il riconoscimento dei loro diritti di lavoratori e del passaggio dalla condizione di braccianti a quella di coloni. È la costruzione di canali e fontanili, ma anche di strade e linee elettriche. Di case, casali e scuole. È storia di bestiame e di grano, di tradizione e di innovazione. È storia di guerra e ricostruzione. Di dolorosi espropri – a seguito della Grande Riforma Agraria – ma anche della volontà di continuare a perseguire i propri valori nei terreni rimasti. Dalla tenuta di Capalbio alla fattoria di Burano.

 


 


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